“Non mi considero un artista politico, ma sono consapevole di una cosa: qualsiasi storia tu racconti, dato che stai trattando la vita delle persone, tocchi sempre la politica. In arte qualsiasi cosa tu faccia è politica”. Sono parole di Miloš Forman, che con i suoi film sapeva dipingere con amore tutte le sfumature dell’umanità. Con questa idea di arte e politica, Forman affrontò più e più volte il Settecento, dimostrando di vedervi molto più che una semplice ambientazione. Con Amadeus, innanzitutto. Fu il primo film americano a essere girato oltre la cortina di ferro, a Praga. Forman non tornava da tempo nella propria patria d’origine. Conoscendo la noncuranza sovietica per le relazioni fra storia e progresso (cosa che sa molto bene anche Aleksandr Sokurov), sapeva che palazzi e ambientazioni riconducibili al Settecento sarebbero rimasti intatti. E infatti così era: Praga si rivelò davvero la location perfetta per un film ambientato nella Vienna di Giuseppe II.
Amadeus ha una struttura complessa, in quanto traduzione di una traduzione di una traduzione. Mozart e Salieri (1897) di Aleksandr Puškin e Amadeus (1978) di Peter Shaffer si basano su due tenaci leggende: il presunto avvelenamento di Mozart da parte di Antonio Salieri e l’altrettanto presunta convinzione di Mozart di dover scrivere il Requiem K626 per sé stesso. Per la seconda leggenda abbiamo un colpevole eccellente: la vedova Constanze Weber Mozart, che insieme al secondo marito progettò una biografia mozartiana colma di particolari succulenti e romanzeschi, in cui il compositore veniva ammantato di un’aura mistica. E pensare che Mozart era tutto tranne che un eroe da mitologia. Era sfuggente, irrequieto, amorevole ma anche sgradevole. La scrittrice Caroline Pichler si trovò a suonare il pianoforte in presenza del maestro, che, racconta, “afferrò una sedia, sedette, mi disse di continuare il basso e cominciò a improvvisare così stupende variazioni, che tutti ascoltavano le note dell’Orfeo tedesco col fiato sospeso. Ma a un tratto, la cosa gli venne a noia, subito si alzò e cominciò, con l’umore balzano che tanto spesso lo pigliava, a zompare sul tavolo e le sedie, miagolando come un gatto e infilando capriole come un marmocchio scatenato”.
Anche per la prima leggenda abbiamo un colpevole, che però corrisponde purtroppo allo stesso protagonista. Colpito da demenza senile, Antonio Salieri iniziò ad autoaccusarsi della morte del collega, con il quale in realtà andava assolutamente d’accordo. In un momento di lucidità, si confidò con l’allievo Isaac Ignaz Moscheles: “Questa è l’ultima mia malattia, e perciò io Le assicuro, in totale buona fede, che nulla v’è di vero in quell’assurda diceria, Lei la conosce, che io avrei avvelenato Mozart. Ma no, è perfidia, pura perfidia, lo dica al mondo, caro Moscheles, come Glielo ha detto il vecchio Salieri, che presto morirà”. Ma per il mondo era troppo tardi.
Nelle interpretazioni moderne dei rapporti fra i due compositori si tende a considerare impossibile un Salieri omicida, in quanto troppo in alto nella scala sociale, troppo apprezzato a corte per invidiare Mozart, che non riuscì mai ad arrivare dove avrebbe voluto. Non si considera però ciò su cui sono basati il film di Forman e le opere che lo ispirarono: l’impulso irrazionale, la visione spirituale e non carrieristica di Salieri, che vede in Mozart ciò che lui vorrebbe essere, non ciò che vorrebbe avere. Sguaiato, infantile, donnaiolo, geniale, Mozart gode di una libertà e di un talento che il rivale italiano ha invano chiesto a Dio di ricevere. È questo che sconvolge Salieri: perché un uomo comune, anzi ancora più ordinario di lui, si ritrova investito della scintilla divina? Non conosce la vita erratica che afflisse Mozart fin da bambino, costretto dal padre a interminabili tour in Europa. Non conosce le malattie, i sacrifici fisici ed emotivi, che in effetti non ci vengono mostrati nel film. Anzi, proprio dalla relazione con il padre parte un’invidia divorante. E sull’ingombro della figura paterna Amadeus si sofferma più volte, intrecciando interpretazione psicologica e verità storica.
Il Salieri di Forman è una creatura di spirito e di assoluti, che vorrebbe essere terrena ma non ci riesce. Un esempio è il suo desiderio castrato nei confronti della cantante Caterina Cavalieri, che nella realtà storica fu proprio la sua amante. Le tenebre in cui vaga Antonio Salieri, incapace di prendersi in giro e condannato all’isolamento (anche fisico), sono una novità per Forman. Il titolo del film è naturalmente simbolico dell’identità di Mozart: egli è “amato da Dio”, è il favorito divino che con la sua sola esistenza impedisce alla pallida luce di Salieri di brillare. Peraltro, Mozart non era solito firmarsi Wolfgang Amadeus, ma Wolfgang Amadé, latinizzazione del tedesco Gottlieb. Ma la versione estesa del nome, che il compositore utilizzò pochissime volte e solo con intento ironico, è meglio memorizzabile e soprattutto metaforica.
Amadeus è uno di quei rari film che riescono a generare interesse per la Storia pur stravolgendola. All’interno del racconto cinematografico, Mozart e Salieri sono ormai due archetipi costruiti a partire da personaggi reali. Per questo, invito a non tenere troppo conto di chi ne critica l’infedeltà storica, ma a godere del loro contrasto: l’angelo caduto sulla Terra (fin troppo) e il dannato che vorrebbe sfiorare il Paradiso. Nel corso del film si assottiglia sempre più la distanza fra loro, ognuno dei due perso nel proprio personale delirio. Eppure, la musica che Dio gli ‘regala’ fino alla fine resta per Mozart una fonte inesauribile a cui attingere, e per Salieri un’eterna dannazione. Non è quindi un caso che i due si incontrino in un certo senso per davvero solo nel finale, quando assistiamo alla fantasiosa ma esaltante nascita dell’ultimo, incompiuto capolavoro mozartiano. Mozart capisce che Salieri si cura di lui più di quanto credesse e Salieri ha modo di toccare con mano la sorgente divina. È solo un attimo, però. Ci pensa Dio a rimettere le cose a posto.
“Amadeus è un film sul talento e sulla libertà, sulla loro incompatibilità con la società che li distrugge in nome dell’ideologia”. Anche queste sono parole di Miloš Forman, dedicate a un film che viene citato esplicitamente come fonte d’ispirazione da registi come Christopher Nolan e Darren Aronofsky. E forse è una lotta davvero eterna quella sofferta da Mozart e Salieri, se è vero che una versione seriale di Amadeus prodotta da Sky Studios è in arrivo sui nostri schermi. Certo, non avranno i volti dei magnifici Tom Hulce e F. Murray Abraham, ma è evidente che questi due hanno ancora molto da dirci.
Parti di questo testo sono tratte dal libro di Chiara Tartagni, Le relazioni preziose (Roma, Jimenez Edizioni, 2019)
CONSIGLI DI LETTURA
https://milosforman.com/it/movies/amadeus
Angelo Signorelli (a cura di), Miloš Forman, Bergamo, Edizioni di Bergamo Film Meeting, 2017
Enzo Siciliano, I bei momenti, Milano, Mondadori, 1997
Lidia Bramani, Mozart massone e rivoluzionario, Milano, Bruno Mondadori, 2005
Piero Buscaroli, La morte di Mozart, Milano, Rizzoli, 2006
Wolfgang Hildesheimer, Mozart, Milano, Rizzoli, 2006




